• Il saccheggio ambientale e culturale del Treno Maya in Messico

    Una rete ferroviaria di oltre 1.500 chilometri permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della Penisola dello Yucatán, i siti archeologici e le spiagge caraibiche. Un’opera inquinante che rischia di cancellare tradizioni millenarie.

    Lo speleologo Hoppenheimer camminava lungo il tracciato del Treno Maya quando si è accorto che, a un passo dai piloni che ne sosterranno il viadotto, c’era una caverna sotterranea. I colleghi l’hanno presto battezzata con il suo soprannome, motivato dalla somiglianza con l’attore del film. La caverna “Oppenheimer”, che si trova nello Stato del Quintana Roo, fra le città di Playa del Carmen e Tulum, è una delle migliaia di “porte” di accesso all’intricato sistema di canali che si trova sotto la penisola dello Yucatán: una rete sotterranea lunga 1.800 chilometri che costituisce una delle falde acquifere più grandi del mondo e, per la cultura maya, rappresenta l’inframundo, il luogo dove camminano i morti.

    Si tratta di un sistema che ha una composizione geologica carsica e per questo è soggetto a crolli e collassi. “In alcuni punti il tetto della caverna Oppenheimer ha ceduto a causa delle vibrazioni dei lavori di costruzione del Treno Maya, che ha impattato più di centoventi cenotes (grotte con acqua dolce, ndr) e caverne -spiega Guillermo D. Christy, membro del collettivo Cenotes Urbanos-. È un progetto improvvisato, i lavori sono iniziati senza lo studio di impatto ambientale e non ne è stato neanche fatto uno di meccanica del suolo che dimostri la capacità del terreno di reggere un’opera così imponente”.

    È sopra questo fragile sistema di canali sotterranei che si sta costruendo il Treno Maya: una rete ferroviaria di più di 1.500 chilometri che permetterà ai turisti di viaggiare tra le città coloniali della penisola dello Yucatán, tra le sue lagune e i cenotes, di visitare i siti archeologici maya e le spiagge caraibiche. Si tratta del megaprogetto “preferito” dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il quale ha assicurato che verrà interamente inaugurato entro la fine di febbraio 2024 e ha promesso di portare il Sud-Est del Messico fuori dalla povertà grazie alla crescita del turismo. Per questo, buona parte della popolazione è a favore dell’opera, anche se le voci critiche si fanno sentire.

    Il governo non ne parla molto ma, in realtà, il Treno Maya non è solo un treno turistico. Sui suoi binari correranno anche vagoni merci che nella città di Palenque, in Chiapas, si connetteranno a un’altra grande opera promossa dall’amministrazione di López Obrador: il Treno Transistmico, che unirà i due oceani (Atlantico e Pacifico) nel punto più stretto del Messico e si presenterà come un’alternativa al Canale di Panama. “Sono treni neoliberali al servizio dell’agricoltura industriale e funzionale al saccheggio delle risorse naturali presenti nei nostri territori maya ancestrali”, dice Sara López González del Consejo regional indígena y popular de xpujil (Crip).

    “Nemmeno un albero verrà abbattuto per costruire il Treno Maya”, ha dichiarato il presidente López Obrador prima dell’inizio dei lavori. In verità, ne sono stati abbattuti circa dieci milioni, soprattutto per costruire il tracciato delle tratte cinque e sei, che corrono parallele alla costa del Mar dei Caraibi e alla strada che collega Cancún a Chetumal. Secondo il biologo Omar Irám Martínez Castillo dell’associazione locale U’yoolche, nello spazio tra la strada e il tracciato della tratta sei, che è protetto da un recinto, si è formata una “terra di nessuno” in cui sono rimaste intrappolate delle scimmie. “La frammentazione dell’habitat mi preoccupa più della deforestazione -spiega il biologo- il treno divide in due la selva yucateca e per gli animali che ci vivono, stiamo parlando di giaguari, tapiri, scimmie e molte altre specie, sarà complicato avere una comunicazione che permetta di evitare l’endogamia e favorire la diversità genetica”.

    Un’altra preoccupazione delle organizzazioni che difendono il territorio, alcune delle quali sono indigene, è che molti cenotes sono stati riempiti di cemento per permettere ai binari del treno di passarci sopra. Questo crea un problema ecologico a tutto il sistema di canali sotterranei, che sono interconnessi e rappresentano l’unica fonte di acqua potabile per milioni di persone. Inoltre, questo sistema drena nel Mar dei Caraibi e inquinerà quindi anche le sue acque, con effetti devastanti per la barriera corallina, i pesci e tutto l’ecosistema connesso. “Il mare caraibico cristallino che si vede nelle foto esposte nelle agenzie di viaggi dipende da un equilibrio che ha radici nella selva yucateca, nelle caverne e nei fiumi sotterranei”, dice Miriam Moreno del collettivo SOS Cenotes e della Red de resistencias sur sureste en defensa de la vida y los territorios Utsil Kuxtal. In altre parole, l’industria del turismo di questa regione dipende in buona parte dalla salute dell’ecosistema.

    Secondo Ángel Sulub Santos del Centro comunitario u kúuchil k ch’i’ibalo’on, il Treno Maya è il secondo megaprogetto che è stato impiantato nella penisola dello Yucatán. Il primo è stato la città di Cancún, fondata nel 1974 a servizio del turismo di massa, concetto intorno al quale è stata creata l’identità culturale della regione dove, anche nelle scuole, viene presentato come fattore di sviluppo economico e sociale. Prima del 1974 Cancún, che oggi ha quasi un milione di abitanti e spiagge costellate da grattacieli di lusso, era un villaggio di pescatori. In tutto il Quintana Roo la crescita della popolazione negli ultimi decenni è stata velocissima: solo tra il 2010 e il 2020, i suoi abitanti sono aumentati di più del 40%.

    Il popolo indigeno maya ha lavorato al servizio di questa espansione, di cui i principali beneficiari sono le grandi corporazioni turistiche che hanno visto nella costa caraibica messicana la gallina dalle uova d’oro. I maya hanno abbandonato l’agricoltura, la pesca e il loro stile di vita millenario per essere impiegati come camerieri, facchini o nel settore delle pulizie. Intanto, la loro cultura viene “venduta” sotto forma di souvenirs o di balli tradizionali messi in scena nei ristoranti per turisti.

    Secondo l’artista maya Marcelo Jiménez Santos, il turismo ha “saccheggiato culturalmente” il suo popolo. “Parlano di Treno Maya e Riviera Maya, ma la comunità maya è invitata a partecipare a questi progetti solo come manodopera a basso costo. Vengono promossi i popoli precolombiani e le loro vestigia come dei prodotti turistici in vendita, ma il popolo maya che tuttora vive nella Penisola dello Yucatán non viene minimamente considerato”, dice Jiménez Santos. “Tuttavia, non credo che la nostra cultura maya sparirà; ha capacità di reazione, come è stato dimostrato in 500 anni di tentativi di sterminio”.

    L’esercito messicano ha costruito buona parte del tracciato ferroviario. I militari hanno anche il compito di amministrare il treno e di incassare i suoi introiti, di gestire sei hotel di lusso che sono stati costruiti nei pressi delle stazioni e alcuni aeroporti. La Penisola dello Yucatán è stata quindi militarizzata, con grande preoccupazione di parte dei suoi abitanti, visto che le statistiche mostrano che la presenza dei soldati porta un aumento delle denunce di violazione ai diritti umani. “I militari ora pattugliano con le armi in vista anche Bacalar, malgrado non esistano particolari problemi di sicurezza -racconta Aldair T’uut’, membro dell’Asamblea de defensores del territorio maya múuch’ xíinbal-. Godono di totale impunità, non solo quando violano i diritti umani, ma anche quando distruggono l’ambiente: stanno tagliando le mangrovie, deforestando la selva e cementificando cenotes, ma non riceveranno nessuna sanzione per questo”.

    Come in altre cittadine della regione, a Bacalar una delle maggiori preoccupazioni riguarda l’assenza di impianti di depurazione e di un adeguato sistema di trattamento dei rifiuti. L’espansione turistica, che nei dieci anni prima della pandemia è stata del 800%, ha già cambiato il tono delle acque della sua laguna, che è sempre più verde e marrone. Da villaggetto, Bacalar è diventato paese e la riviera della laguna è stata quasi totalmente privatizzata. Ai suoi abitanti, che lavorano in gran parte nel settore turistico, sono rimasti solo un paio di moli da cui nel fine settimana si possono tuffare.

    https://altreconomia.it/il-saccheggio-ambientale-e-culturale-del-treno-maya-in-messico

    #tourisme #Mexique #environnement #train #chemin_de_fer #culture #destruction #saccage #Treno_Maya #Yucatán #Train_Interocéanique #peuples_autochtones #forêt #biodiversité #cenotes #maya

  • « Depuis six décennies, l’#aménagement touristique de la #montagne est engagé dans une fuite en avant »

    L’attribution des #Jeux_olympiques d’hiver de 2030 à la #France risque de retarder encore l’engagement des communes touristiques de montagne dans la #transition_écologique, estime, dans une tribune au « Monde », le géographe #Rémy_Knafou.

    La France a eu des politiques touristiques pour la montagne ; elle n’en a plus depuis longtemps. Et la récente décision d’attribuer à la candidature française les Jeux olympiques d’hiver de 2030 ne va pas faciliter la transition juste que le réchauffement climatique, plus important qu’en plaine, appelle pourtant.

    Le #plan_neige des années 1960, sous la présidence du général de Gaulle, était une réponse à l’#exode_rural qui vidait la montagne de ses forces vives et au projet de retenir en France la clientèle des skieurs français qui fréquentait les pays alpins voisins. Il en résulta la création ex nihilo en haute altitude de nombreuses stations de sports d’hiver et l’aménagement de vastes #domaines_skiables, désormais parmi les plus étendus de la planète.

    Avalanches et glissements de terrain meurtriers couplés à une mévente immobilière incitèrent l’Etat à un infléchissement, qui s’exprima dans le #discours_de_Vallouise, prononcé par le président #Valéry_Giscard_d’Estaing, le 23 août 1977 : « Trop de #résidences_secondaires s’éparpillent au gré des ventes de #terres_agricoles. Trop de #stations_de_ski furent implantées sans tenir compte suffisamment des populations locales et des contraintes de l’#environnement. L’effort de l’Etat portera dorénavant sur un tourisme intégré à d’autres activités, accessible au plus grand nombre, respectueux des sites et des #paysages. »

    Des clientèles étrangères en majorité fortunées

    En 1985, l’Etat s’est doté d’une loi « montagne », qui entendait à la fois développer et protéger – ce que, de facto, la France faisait déjà depuis une vingtaine d’années avec la création, en 1963, du #parc_national_de_la_Vanoise : tout était interdit dans sa zone centrale quand (presque) tout était permis dans sa zone périphérique, où se développaient quelques-unes des plus importantes stations françaises de #sports_d’hiver.

    Mais force est de constater que cette loi « montagne », complétée en 2016 par la loi « montagne II », n’a pu ralentir la progression de l’#immobilier en altitude, de l’équipement en #remontées_mécaniques et en #neige_artificielle, tandis que, parallèlement, les espoirs de #démocratisation du ski disparaissaient d’un marché porté par la venue croissante de clientèles étrangères en large majorité fortunées.

    Ainsi, depuis six décennies, l’aménagement touristique de la montagne est engagé dans une #fuite_en_avant – que j’avais déjà analysée dans ma thèse, publiée en 1978, « Les stations intégrées de sports d’hiver des Alpes françaises » (Masson) –, la croissance immobilière appelant constamment l’extension des domaines skiables et ceux-ci nécessitant à leur tour la construction de nouveaux programmes résidentiels. C’est ainsi que la seule #Tarentaise en est arrivée à totaliser en altitude 427 500 lits touristiques, soit plus que de la population cumulée des deux agglomérations d’Annecy et de Chambéry !

    Un cercle vicieux défendu par les #lobbys du ski

    La montagne hivernale a produit une machine infernale, sorte de course-poursuite sans fin entre les lits et les remontées mécaniques. La nécessité, toujours pour alimenter le chiffre d’affaires des remontées mécaniques, de remplacer les lits « froids » – les passoires thermiques représentent près de la moitié du parc ! – construits dans les années 1960-1990 et progressivement sortis du marché nourrit aujourd’hui cette dynamique.

    L’actuelle croissance immobilière va donc à l’encontre de ce qu’il faudrait faire : elle poursuit l’#artificialisation_des_sols, attire une clientèle étrangère qui va accroître l’empreinte carbone des stations et repose sur une progression de l’#enneigement_artificiel – c’est en effet une attente des acquéreurs de logements à plus de 15 000 euros le mètre carré, qui souhaitent sécuriser la pratique du ski, quels que soient les aléas d’un enneigement sur le repli.

    On voit comment le système touristique de la montagne hivernale a enfanté un cercle vicieux défendu par les puissants lobbys du ski – dont la dernière victoire en date est la promesse de l’organisation des Jeux olympiques d’hiver en 2030.

    A la recherche d’un équilibre de développement

    La France a été préférée à la Suède et à la Suisse parce que le #Comité_international_olympique (#CIO) aurait prudemment opté pour le pays qui n’avait pas le projet de soumettre à référendum ou à votation sa candidature – on le sait, le CIO ne trouve plus de candidatures que dans les pays dictatoriaux ou dans les démocraties qui ne demandent pas leur avis aux populations afin d’éviter le refus des citoyens contribuables.

    Au lieu de célébrer cette victoire trop facile, les pouvoirs publics s’honoreraient à engager la montagne touristique dans une transition juste, d’autant que les conditions semblent malgré tout favorables. En effet, face au réchauffement climatique, la montagne a et aura un avenir touristique, avec ou sans neige, car on y trouvera, en été en particulier, des températures plus supportables qu’ailleurs.

    Les communes et stations qui continueront à vivre du ski devraient le faire à plusieurs conditions. Il leur faudrait tout d’abord considérer le niveau actuel de développement comme un état d’équilibre qui permet de bien vivre sans poursuivre la construction de nouveaux #logements, l’effort étant tourné vers la #rénovation de l’existant. De plus, elles ne devraient plus se lancer dans des projets d’aménagement accentuant la pression sur un milieu naturel déjà très exploité, et qui pourraient compromettre leur réorientation économique, celle-ci étant inévitable à moyen ou à long terme.

    Prendre l’avis de toutes les populations

    Lorsque de tels projets (nouvelles urbanisations, retenues d’eau pour les canons à neige, etc.) sont néanmoins retenus, les communes devraient réfléchir à la manière de prendre en compte non seulement les avis de ceux qui habitent ces lieux touristiques à l’année, mais aussi les avis de ceux qui font vivre ces lieux en les fréquentant : une petite minorité ne devrait plus décider seule du sort de ces lieux.

    Enfin, les communes devraient alimenter un #fonds_de_prévoyance – car les temps difficiles finiront par arriver, même pour les communes de haute altitude –, afin que la collectivité nationale ne soit pas amenée, in fine, à financer une reconversion qu’elles auront refusé de préparer. C’est à ce prix que l’attribution des Jeux olympiques d’hiver à la France, si elle est confirmée, ne se transformera pas en victoire à la Pyrrhus.

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/12/30/depuis-six-decennies-l-amenagement-touristique-de-la-montagne-est-engage-dan
    #tourisme #aménagement_du_territoire #ski #loi_montagne #Vanoise #loi_montagne_II #lits_froids

  • A Amsterdam et à Edimbourg, de nouvelles règles pour limiter les échanges de maisons
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2023/12/24/a-amsterdam-et-a-edimbourg-de-nouvelles-regles-pour-limiter-les-echanges-de-

    Le système s’est développé jusque-là sans entraves. Mais aux #Pays-Bas et en Ecosse, les pouvoirs publics s’inquiètent de le voir se déployer hors de tout contrôle, craignant d’avoir affaire à un futur Airbnb. A la différence de la plate-forme américaine, #HomeExchange n’implique cependant pas d’échange d’argent : l’accueil de personnes chez soi permet de percevoir des points (des « guest points »). Une #monnaie virtuelle utilisable pour se rendre ensuite dans une maison ou un appartement.

    Mais la municipalité d’Amsterdam estime que cette forme de transaction place le système dans la case des #locations_touristiques. La plate-forme HomeExchange recense 2 000 logements disponibles dans la métropole hollandaise, ce qui en fait un acteur majeur en termes d’offre d’hébergement. « Sauf que les logements sont loin d’être libres tout le temps ! Ils sont prêtés deux ou trois semaines par an »_, rétorque Emmanuel Arnaud, le directeur de HomeExchange. Au total, cette année, 3 900 groupes ou familles sont venus à Amsterdam par HomeExchange, soit 71 000 « nuitées touristiques » (nombre total de nuits par personne).

    #Contrôles et#sanctions

    A partir du 1er mars 2024, la ville va appliquer des restrictions similaires à celles qui concernent Airbnb. Les utilisateurs de HomeExchange et d’autres sites d’échanges devront enregistrer leur logement sur le site de la municipalité, payer un #permis_annuel (43 euros), limiter le prêt de leur logement à trente jours par an, et signaler à la ville dès lors qu’ils recevront des personnes chez eux. La ville interdit aussi d’utiliser ce système avec une résidence secondaire, et restreint à quatre maximum le nombre de personnes accueillies par logement (sauf les familles avec plus de deux enfants). Des contrôles, avec sanctions associées, sont prévus à partir de 2025.

    « Amsterdam mène depuis de nombreuses années une politique visant à lutter contre les locations touristiques, car cela a des conséquences négatives sur la qualité de vie dans certains quartiers de la ville », explique Rory van den Bergh, porte-parole de la ville d’Amsterdam, qui a déployé diverses actions pour limiter l’impact du #tourisme_de_masse. En 2023, elle a par exemple lancé une campagne sur les réseaux sociaux (« Stay away ») pour décourager la venue de visiteurs nuisibles à la tranquillité des résidents, à savoir les groupes « d’hommes de 18 à 35 ans », Britanniques en particulier.

    #prêt #échange

    • L’article parle des points comme d’une monnaie virtuelle, mais il y a aussi l’échange réciproque sans point ! Pas mal d’utilisateurs précisent qu’ils ne veulent utiliser la plateforme qu’en échanges réciproques.

      Pour Amsterdam, HE représente donc 0.5% des nuitées touristiques, avec des profils ne collant pas aux « visiteurs nuisibles » et ne se rendant pas forcément dans les quartiers les plus touristiques. Je comprends pas trop la logique, comme de taxer dans toute l’Ecosse.

      Après, la plateforme est loin d’être vertueuse - elle est par exemple utilisée par certains multipropriétaires en complément d’airbnb.

      « 30% des maisons que nous proposons sur HomeExchange sont des résidences secondaires. Les trois quarts d’entre elles sont soit déjà proposées à la location, soit leurs propriétaires sont intéressés pour le faire », nous explique Emmanuel Arnaud, fondateur de [la nouvelle plateforme de locations saisonnières] WelcomeClub.

      https://www.tourmag.com/HomeExchange-lance-WelcomeClub-la-location-entre-particuliers-sur-invitatio

  • Le premier secteur économique française fait des envieux

    Le propriétaire chinois des chaînes hôtelières Kyriad et Campanile va investir 280 millions d’euros en France
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2023/12/18/le-proprietaire-chinois-des-chaines-hotelieres-kyriad-et-campanile-va-invest

    Le groupe Jin Jiang, qui possède, au travers de sa filiale Louvre Hôtels, les marques Campanile, Kyriad ou Première Classe, souhaite les faire monter en gamme. Des rénovations et de nouvelles acquisitions sont prévues.

    C’est un groupe discret, et c’est pourtant le deuxième acteur le plus important de l’industrie hôtelière en France, derrière Accor. En France, le conglomérat chinois Jin Jiang possède, au travers de sa filiale Louvre Hôtels, plus de 900 établissements répartis sur le territoire – environ la moitié sont franchisés.

    #tourisme

  • Mes vacances, ma liberté - Centre tricontinental
    https://www.cetri.be/Mes-vacances-ma-liberte

    Version complète d’une tribune de Bernard Duterme (CETRI) parue dans La Libre Belgique.

    Mes vacances, ma liberté. C’est un droit, c’est un besoin. Légitime. Celui d’aller se reposer, se divertir, au soleil, loin du travail, de la pluie, de la Belgique… Peu en doutent. Le dogme, l’évidence, la tendance a même explosé ces dernières décennies. La propension à s’expatrier plusieurs fois par an pour « souffler », « se ressourcer », « changer d’air »… poursuit une hausse galopante. Les scores euphoriques affichés par l’Organisation mondiale du tourisme (OMT) – qui le promeut plus qu’elle ne l’organise, c’est entendu [1] – l’attestent : 1 milliard 464 millions de séjours de plaisance à l’étranger en 2019 pour 675 millions en 2000. La déferlante du tourisme international a plus que doublé de volume en moins de vingt ans. Et 2023 devrait pratiquement avoir récupéré du coup de massue historique asséné par la pandémie de covid (moins 60% d’« arrivées » sur la période 2020-2022), pour qu’en 2024, le taux de croissance annuel moyen du secteur (entre 4 et 5%), à l’œuvre depuis la moitié du 20e siècle, puisse reprendre ses droits. [2]

    #tourisme #voyages #OMT #consumérisme

  • Paris veut s’attaquer aux logements inoccupés pour stopper la baisse de la population
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/12/05/paris-veut-s-attaquer-aux-logements-inoccupes-pour-stopper-la-baisse-de-la-p

    Pour chiffrer ce phénomène, la Ville de #Paris s’est tournée vers l’Atelier parisien d’urbanisme (APUR), qui a rendu, mardi 5 décembre, un rapport « qui nous préoccupe beaucoup », reconnaît Emmanuel Grégoire, premier adjoint à la maire de Paris. L’étude fait état, sur la période récente, d’une explosion du nombre de #logements_inoccupés : en 2020, ils représentaient 19 % des habitations à Paris (262 000 logements), contre 14 % en 2011 (191 000 logements) . Une évolution qui se traduit par une baisse de la population parisienne, la capitale ayant perdu sur cette période en moyenne 11 500 habitants chaque année, alors qu’elle en gagnait près de 14 000 par an entre 2006 et 2011.

    Ce terme « inoccupé » englobe toutefois différents types d’habitations, qui ont pour point commun de ne pas être des résidences principales : des logements vacants, des résidences secondaires et des logements occasionnels, utilisés pour des raisons professionnelles – ces deux dernières catégories pouvant abriter des occupants de temps à autre.
    Répartition « très inégale » des résidences secondaires
    C’est la courbe de ces résidences secondaires et occasionnelles qui a grimpé en flèche ces dernières années, leur part passant de 3 % dans les années 1970, à moins de 7 % en 2011 puis à 10 % en 2020 (soit 134 000 logements ). Une augmentation « en partie liée à la hausse des locations meublées touristiques non déclarées », avance l’APUR. Ce dernier a recensé, en février 2023, 55 000 annonces sur le seul site d’Airbnb et estime que près de 90 000 logements sont utilisés à Paris pour de la location touristique, avec un taux de fraude très élevé. La Ville de Paris estime en effet qu’environ 25 000 appartements parisiens sont détournés de leur usage de résidence principale, pour être loués sur des plates-formes de courte durée, tout au long de l’année.

    [...]
    Par comparaison, la part des #logements_vacants a peu évolué au cours de ces cinquante dernières années. Paris en compte aujourd’hui 128 000 (9 % des habitations), mais cette vacance est pour l’essentiel « frictionnelle », liée à la rotation des ménages entre déménagements et emménagements. En réalité, moins de 19 000 logements s’avèrent vacants depuis plus de deux ans (soit 1,3 % des logements parisiens) . Ce qui représente malgré tout cinq années de construction à Paris.

    (...) D’après les scénarios démographiques de l’APUR, si la part des logements inoccupés continuait à progresser selon la tendance récente, Paris pourrait perdre 247 000 habitants d’ici à 2040.

    https://archive.is/QhjMN

    #logement #tourisme #rente_foncière #Ville_de_Paris

  • A Saint-Malo, Airbnb délogé en appel d’une habitation
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2023/11/29/a-saint-malo-airbnb-deloge-en-appel-d-une-habitation_6203014_4500055.html

    Nil Caouissin, l’élu de l’Union démocratique bretonne, l’avait suggéré dans un manifeste sorti à l’occasion des élections régionales de 2021 : pourquoi ne pas mettre en place un #statut_de_résident en Bretagne ? L’idée, consistant à réserver l’acquisition des biens immobiliers dans les zones les plus recherchées à des ­personnes ayant déjà vécu un an au même endroit, avait alimenté un sérieux débat.

    Parmi les citoyens intéressés par cette proposition, la Malouine Véronique Deschamps. Celle qui a jeté l’ancre il y a plus de trente ans dans la cité fortifiée fait partie des quelques centaines d’habitants à l’année intra-muros. Elle s’inquiète du devenir de ce fief très touristique, où le phénomène #Airbnb a pris une ampleur considérable, avec des milliers d’annonces recensées.

    La coiffeuse au civil en a même fait les frais. La maison historique où elle réside est divisée en trois appartements et a vu arriver, en 2016, une #location_saisonnière de courte durée dans l’un d’eux. Valises à gogo et passages ininterrompus ont envahi ce logis fait de bois et de torchis. « J’ai vu ce lieu si petit se transformer en un hall de gare, et mon adresse devenir une destination touristique », pointe-t-elle inlassablement. Alors qu’elle écrivait une « lettre aux Malouins » pour avertir de la situation en 2018, signée par six cents personnes, elle cofondait un an plus tard le collectif Saint-Malo, j’y vis… j’y reste !

    Parallèlement, elle entamait un combat judiciaire contre les propriétaires de l’appartement loué sur des plates-formes comme Airbnb ou #Booking, au motif du « trouble anormal de voisinage ». Une « qualité de vie altérée », selon ses mots, à laquelle cette lanceuse d’alerte voulait mettre un terme. « J’avais le choix entre subir et me taire ou vendre et partir, confie-t-elle. J’ai préféré une troisième option : me battre et avoir peur tout le temps. »

    Si le statut de résident n’a pas vu le jour en Bretagne, la problématique du #logement, elle, s’est encore intensifiée. En juillet 2023, la chambre régionale des notaires recensait une augmentation annuelle de 9,4 % du prix médian d’un appartement ancien à Saint-Malo, pour s’établir à 4 810 euros le mètre carré. Il était, à titre de comparaison, à 2 650 euros en 2015.
    Dans un contexte déjà brûlant, Saint-Malo avait adopté, en 2021, une réglementation très restrictive en instaurant des quotas de locations de courte durée par quartier (12,5 % pour l’intra-muros). Son maire, Gilles Lurton (LR), estime que la mesure « a au moins mis un frein à l’inflation du phénomène, qui prenait une proportion industrielle ». Et reconnaît une prise de conscience tardive à ce sujet de la part des institutions.

    Et, le 24 août, la cour d’appel de Rennes a donné raison à Véronique Deschamps, a appris M Le magazine du Monde, lui accordant une indemnisation au titre du préjudice subi. La cour a également confirmé l’arrêt de l’activité de location de courte durée dans l’immeuble, requise par le tribunal judiciaire en première instance deux ans auparavant pour non-respect du règlement de copropriété et de sa clause d’« habitation bourgeoise ». Il n’y a donc plus de va-et-vient incessants dans cette ancienne maison intra-muros. Une décision qui fait émerger une# jurisprudence favorable à l’#habitat_permanent. « On aboutit à une #présomption_de_nuisance provenant des locations de courte durée », explique Cyrille Moncoq, l’avocat de Véronique Deschamps.

    D’après le jugement, les immeubles d’habitation à caractère résidentiel ne sont pas compatibles avec la location pratiquée via Airbnb qui nuit à leur tranquillité. « D’autres personnes pourraient s’appuyer sur cette décision » pour faire reconnaître cette inadéquation, indique l’avocat, qui prend en charge de plus en plus de dossiers comme celui de la Malouine un peu partout en Bretagne.

    Sept ans après les débuts de son action en justice, et alors que les députés ont déposé une proposition de loi pour une régularisation plus importante des plates-formes comme Airbnb, mardi 28 novembre, Véronique Deschamps ne réalise pas encore sa victoire. Elle formule malgré tout un vœu : « J’aimerais me dire que mes enfants auront la possibilité de vivre ici. »

    #tourisme

  • Cost of clubbing crisis : When did Berlin parties get so expensive ?
    https://www.exberliner.com/music-clubs/cost-of-clubbing-crisis-when-did-berlin-parties-get-so-expensive

    A Berlin le tickets d’entrée des clubs augmentent radicalement. Les membres du club autogéré Mensch Meier ne gagnent plus assez pour participer aux parties de leur propre boîte. Les augmentations de frais post-covid provoquent un Klubsterben . Les boîtes qui survivront la crise seront marquées par l’exploitation de leurs employés et des prix faramineux.

    https://www.youtube.com/watch?v=u0rKW3kduy0&t=217s


    J’ai la nostalgie de l’époque quand les copains transformaient d’anciens bunkers et toilettes publiques souterraines en boîtes techno. La vie chère tue la culture partout.

    24.11.2023 by Dan Cole - Like pretty much everything in Berlin, clubbing is getting more expensive. We could just pass this off as a simple fact of life – prices rise, that’s the way it is, suck it up. With clubbing, the impact is deeper. Door entry hikes start to price out the very people who built up the club culture in the first place. Clubs in Berlin are rightly lauded for their sense of community and the way they provide space for those who live more on the margins. When these people become unable to attend the parties they’ve arguably contributed to the success of, then we can say clubbing is facing a crisis.

    For one weekend in September, Berghain increased its entry cost to €30, sparking outrage. It was only last year that the standard door price rose to €25. That’s in addition to the increase in prices for drinks and the cloak room. And it’s not just Berghain – the entry fees for many clubs have risen disproportionately to the average rise in wages throughout the city, with an average increase of 25% across all venues according to Tagesspiegel. Not so long ago, Berghain was a mere €15, and you wouldn’t pay more than €10 to get into Sisyphos.

    There is even a German word for it, Klubsterben, which translates as the death of clubs

    The factors for these price hikes are well reported. Minimum wages for staff have risen since the pandemic began, and the less said about energy costs the better. Rents are also increasing, and DJ fees are going through the roof. Add on other various expenses and you’ve got a very costly business to run.
    Photo: IMAGO / Emmanuele Contini

    The collective behind Mensch Meier recently announced they would be closing at the end of the year due to these rising costs. In an interview with Groove, a German online magazine for electronic music and club culture, Jenny P, the club’s public relations officer, stated that the Mensch Meier’s members and staff couldn’t even party at their own events, because they were too expensive. This was the last straw for the club and they decided to close.

    It’s yet another sad chapter in the slow demise of clubbing in Berlin. The phenomenon is so pervasive that there is even a German word for it, Klubsterben, which translates as the death of clubs. This year, Anita Berber closed for similar reasons to Mensch Meier, and Fiese Remise will meet its end in November. But what’s the solution? Are high entry fees really the only way to keep a club open? At its core, clubbing is, or at least was, about community and creating safe spaces. Increased prices create social inequality, excluding many of the people who benefit the most from these spaces.

    Not so long ago, Berghain was a mere €15, and you wouldn’t pay more than €10 to get into Sisyphos.

    To find a better answer to this problem, we have to return to our roots. Yes, clubs need state support, but beyond that we need to start looking closer to home. Booking more local DJs than expensive international names can reduce a club’s overhead. Some of our favourite clubs were built upon having a strong roster of local, in-house residents. Smaller clubs and club nights are able to throw great parties with just Berlin-based DJs, so why don’t the bigger clubs use the same approach?

    Some underground venues still manage to keep their door fees low. Oxi Berlin, for example, is operating on a donation-only basis for their in-house events, safe in the knowledge that having an affordable-for-all door price that brings in more regular clubbers is a better solution than having a higher ticket price but less people on the dancefloor. Community spirit is thin on the ground these days, and it’s better to club together than to push each other further apart

    #Berlin #loisirs #tourisme #musique #techno #culture

  • Non aux JO dans les Alpes 3X NON !
    https://ricochets.cc/Non-aux-JO-dans-les-Alpes-3X-NON.html

    Non aux JO dans les Alpes 3X NON ! Gabegie écologique, gabegie démocratique, gabegie financiére : en 2023, faut-il vraiment être un hurluberlu pour s’opposer aux JO, ici et ailleurs ? 1 : Les Jeux Olympiques sont une gabégie dans un monde au bord du gouffre... Cette candidature aux Jeux est occasion de se poser la question du sens d’organiser un tel événement dans un monde bouleversé par les changements climatiques. Les Jeux d’hiver font l’objet de nombreuses critiques environnementales : faute de (...) #Les_Articles

    / Tourisme, sports & loisirs, #Le_monde_de_L'Economie

    #Tourisme,sports&_loisirs
    https://valleesenlutte.org/spip.php?article664
    https://no-jo.fr/event/1387


    https://ricochets.cc/IMG/distant/html/p7bbO-bcWO0-9484-aedbf56.html

  • Zhanqiao Pier
    https://en.m.wikipedia.org/wiki/Zhanqiao_Pier


    青岛栈桥 Ehemalige Landungsbrücke Qingdao

    Faire du tourisme en Chine signifie ne jamais être seul le moindre instant. La photo est prise hors saison quand il n’y a pas grand monde


    Bundesarchiv : China 1898.- Landungsmanöver S.M.S. Deutschland bei der Landungsbrücke am Brückenlager.

    #Chine #Qingdao #青岛 #tourisme #colonies #histoire

  • « Plus haute #ZAD d’Europe » : faut-il encore aménager les #glaciers alpins ?

    Du 8 au 10 novembre, la France accueille le #One_Planet#Polar_Summit, premier sommet international consacré aux glaciers et aux pôles, pour appeler à une mobilisation exceptionnelle et concertée de la communauté internationale. Dans les #Alpes, les projets d’aménagements des glaciers à des fins touristiques ou sportives sont pourtant toujours en cours malgré leur disparition annoncée. C’est le cas par exemple dans le massif des Écrins (#Hautes-Alpes), sur le glacier de la #Girose où il est prévu d’implanter depuis 2017 le troisième tronçon du téléphérique de la #Grave.

    Du 7 au 13 octobre dernier, les #Soulèvements_de_la_Terre (#SLT) ont occupé le chantier afin d’en bloquer les travaux préparatoires. Ce nouvel aménagement a pour objectif de prolonger les deux tronçons existant, qui permettent depuis 1978 d’accéder au #col_des_Ruillans à 3 221 mètres et ainsi rallier à terme le #Dôme_de_La_Lauze à 3559 mètres. Porté par la #Société_d’aménagement_touristique_de_la_Grave (#SATG) et la municipalité, ce projet est estimé à 12 millions d’euros, investissement dont le bien fondé divise les habitants de #La_Grave depuis cinq ans.

    En jeu derrière ces désaccords, la direction à donner à la transition touristique face au changement climatique : renforcement ou bifurcation du modèle socio-économique existant en montagne ?

    Une #occupation surprise du glacier

    Partis du village de La Grave à 1 400 mètres dans la nuit du 6 au 7 octobre, une quinzaine de militants des SLT ont gravi 2 000 mètres de dénivelé avec des sacs à dos de 15 à 20 kg. Au terme de 12 heures d’ascension, ils ont atteint le haut d’un rognon rocheux émergeant du glacier de la Girose où doit être implanté un pylône du nouveau téléphérique. Ils y ont installé leur camp de base dans l’après-midi, avant d’annoncer sur les réseaux sociaux la création de « la plus haute zone à défendre (ZAD) d’Europe ».

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    Par cette mobilisation surprise, les SLT ont montré qu’ils pouvaient être présents sur des terrains où ils ne sont pas forcément attendus et que pour cela :

    - ils disposent de ressources logistiques permettant d’envisager une mobilisation de type occupationnelle de plusieurs jours à 3 400 mètres d’altitude

    - ils maîtrisent les techniques d’alpinisme et l’engagement physique qu’implique la haute montagne.

    Sur le glacier de la Girose, les conditions de vie imposées par le milieu n’ont en effet rien à voir avec celles des autres ZAD en France, y compris celles de La Clusaz (en novembre 2021 et octobre 2022), premières du type en montagne, dans le bois de la Colombière à 1 400 mètres d’altitude. Au cours de la semaine d’occupation, les températures étaient toutefois clémentes, oscillant entre -7° à 10 °C, du fait d’un automne anormalement chaud.
    Une communication bien rodée

    Très rapidement, cette occupation du glacier a donné un coup de projecteur national sur ce projet controversé d’aménagement local. Dès son annonce publique, les articles se sont succédés dans les médias nationaux à partir des éléments de communication (photographies, vidéos, communiqués de presse, live sur les réseaux sociaux) fournis par les SLT depuis le glacier de la Girose. Les militants présents disposaient en effet des compétences et du matériel nécessaires pour produire des contenus professionnels à 3400 mètres. Ils ont ainsi accordé une attention particulière à la mise en scène médiatique et à sa dimension esthétique.

    Bien qu’inédite par sa forme ainsi que les lieux et les moyens mobilisés, cette mobilisation s’inscrit dans une grammaire politique partagée faisant référence au bien commun ainsi qu’aux imaginaires et narratifs habituels des SLT, qu’elle actualise à partir de cette expérience en haute montagne. Elle est visible dans les stratégies de communication mobilisées : les références à la ZAD, à la stratégie du désarmement, l’apparition masquée des militants, les slogans tels que la « lutte des glaces », « nous sommes les glaciers qui se défendent » et « ça presse mais la SATArde ». Une fois déployée, cette grammaire de la mobilisation est aisément reconnaissable par les publics, qu’ils y soient favorables ou non.
    Une plante protégée sur le chantier

    Cette occupation du glacier a été imaginée dans l’urgence en quelques jours par les SLT pour répondre au début des travaux préliminaires entrepris par la SATG quelques jours auparavant. Son objectif était de stopper ces derniers suite à la décision du tribunal administratif de Marseille de rejeter, le 5 octobre, un référé liberté demandant leurs interruptions d’urgence. Déposé le 20 septembre par les associations locales et environnementales, ce dernier visait notamment à protéger l’androsace du Dauphiné présente sur le rognon rocheux.

    Cette plante protégée, dont la découverte formelle ne remonte qu’à 2021, a été identifiée le 11 juillet sur les lieux par deux scientifiques du Laboratoire d’écologie alpine (CNRS, Université Grenoble Alpes et Université Savoie Mont Blanc) et certifiée par l’Office français de la biodiversité (OFB). Leur rapport d’expertise écologique a été rendu public et remis aux autorités administratives le 18 juillet : il montre qu’il existe plusieurs spécimens de l’androsace du Dauphiné dans un rayon de moins de 50 mètres autour du projet d’implantation du pylône. Or, elle ne figure pas dans l’étude d’impact et le bureau d’étude qui l’a réalisée affirme l’avoir cherchée sans la trouver.

    Deux jours après le début de l’occupation, la SATG a demandé à la préfecture des Hautes-Alpes l’évacuation du campement des SLT afin de pouvoir reprendre au plus vite les travaux. Le 10 octobre, la gendarmerie s’est rendue sur le glacier pour notifier aux militants qu’un arrêté municipal interdisant le bivouac jusqu’au printemps avait été pris. Et que le campement était illégal, et donc passible de poursuites civiles et pénales.

    En réponse, un nouveau recours « référé-suspension » en justice a été déposé le lendemain par les associations locales et environnementales pour stopper les travaux… à nouveau rejeté le 30 octobre par le tribunal administratif de Marseille. Cette décision s’appuie sur l’avis de la Direction régionale de l’environnement, de l’aménagement et du logement (DREAL) et du préfet des Hautes-Alpes qui estiment que le risque d’atteinte à l’androsace du Dauphiné n’était pas suffisamment caractérisé. MW et LGA envisagent désormais de former un recours en cassation devant le Conseil d’État.

    Entre-temps, les SLT ont décidé de redescendre dans la vallée dès le 13 octobre, leur présence n’étant plus nécessaire pour empêcher le déroulement des travaux, puisque les conditions météorologiques rendent désormais leur reprise impossible avant le printemps 2024.

    https://twitter.com/lessoulevements/status/1712817279556084122

    Bien qu’illégale, cette occupation « à durée déterminée » du glacier pourrait permettre à la justice d’aboutir à un jugement de fond sur l’ensemble des points contestés par les associations locales et environnementales. En ce sens, cette occupation a permis de faire « gagner du temps » à Mountain Wilderness (MW) et à La Grave Autrement (LGA) engagées depuis cinq ans contre le projet. Leurs actions menées depuis le 3 avril dernier, date du permis de construire accordée par la mairie de la Grave à la SATG, n’ont jusqu’alors pas été en mesure d’empêcher le début des travaux… alors même que leurs recours juridiques sur le fond ne vont être étudiés par la justice que l’année prochaine et que les travaux auraient pu avoir lieu en amont.

    Cette mobilisation des SLT a aussi contraint les promoteurs du projet à sortir du silence et à prendre position publiquement. Ils ont ainsi dénoncé « quatorze hurluberlus qui ne font rien de leur vie et entravent ceux qui travaillent », ce à quoi la presse montagne a répondu « les glaciers disent merci aux hurluberlus ».
    Sanctuarisation et manque de « cohérence »

    En Europe, cette mobilisation des SLT en haute montagne est inédite dans l’histoire des contestations socio-environnementales du tourisme, et plus largement dans celles des mouvements sociaux. Cela lui confère une forte dimension symbolique, en même temps que le devenir des glaciers est lui-même devenu un symbole du changement climatique et que leur artificialisation à des fins touristiques ou sportives suscite de plus en plus de critiques dans les Alpes. Dernier exemple en date, le creusement d’une piste de ski dans un glacier suisse à l’aide de pelles mécaniques afin de permettre la tenue d’une épreuve de la coupe du monde de ski.

    Une telle situation où un engin de travaux publics brise de la glace pour l’aplanir et rendre possible la pratique du ski alpin a déjà été observée à la Grave en septembre 2020. L’objectif était alors de faire fonctionner le vieux téléski du glacier de la Girose, que le troisième tronçon du téléphérique entend remplacer à terme… sauf que l’objectif de ce dernier est d’accroître le nombre de skieurs alpins sur un glacier qui subit de plein fouet le réchauffement climatique, ce qui impliquera ensuite la mise en place d’une sécurisation des crevasses à l’aide de pelleteuses. Dans ce contexte, la question que pose la mobilisation des SLT peut donc se reformuler ainsi : ne faut-il pas désormais laisser le glacier de la Girose libre de tout moyen de transport pour en faire un avant-poste de la transition touristique pour expérimenter une nouvelle approche de la montagne ?

    Cette question résonne avec la position du gouvernement français au One Planet Summit sur la nécessaire sanctuarisation des écosystèmes que représentent les glaciers… dont le projet d’aménagement du glacier de la Girose représente « quelques accrocs à la cohérence », reconnaît Christophe Béchu, ministre de la Transition écologique, du fait d’un dossier complexe.
    Un dialogue à rouvrir pour avancer

    Au lendemain de la fin de l’occupation du glacier par les SLT, le 14 octobre, une manifestation a été organisée à l’initiative des Enseignes de La Meije (association des commerçants de la Grave) pour défendre l’aménagement du troisième tronçon du téléphérique. Pour eux, comme pour la SATG et la municipalité, l’existence de la station est en péril sans celui-ci, ce que conteste LGA dans son analyse des retombées économiques sur le territoire. Le bureau des guides de la Grave est lui aussi divisé sur le sujet. Le débat ne se résume donc pas à une opposition entre les amoureux du glacier, là-haut, et ceux du business, en bas ; entre ceux qui vivent sur le territoire à l’année et les autres qui n’y sont que quelques jours par an ; entre des « hurluberlus qui ne font rien de leur vie » et ceux qui travaillent, etc.

    Comme partout en montagne, le débat à la Grave est plus complexe qu’il n’y paraît et appelle à rouvrir le dialogue si l’on prend au sérieux l’inévitable bifurcation du modèle de développement montagnard face aux effets du changement climatique. Considérer qu’il n’y a pas aujourd’hui deux montagnes irréconciliables n’implique pas d’être d’accord sur tout avec tout le monde en amont. Les désaccords peuvent être féconds pour imaginer le devenir du territoire sans que l’artificialisation du glacier soit l’unique solution pour vivre et habiter à La Grave.

    Si les travaux du troisième tronçon du #téléphérique étaient amenés à reprendre au printemps prochain, les SLT ont d’ores et déjà annoncé qu’ils reviendront occuper le glacier de la Girose.

    https://theconversation.com/plus-haute-zad-deurope-faut-il-encore-amenager-les-glaciers-alpins-
    #tourisme #aménagement_du_territoire #résistance

    • Écologie : dans un village des Hautes-Alpes, le #téléphérique de la discorde

      À La Grave, dans les Hautes-Alpes, des habitants se mobilisent contre la construction d’un téléphérique, vu comme un levier de #tourisme_de_masse. Éleveurs, mais aussi artisan ou guide de haute montagne, ils défendent un mode de vie alternatif et adapté à la crise climatique.

      Comme tous les matins d’hiver, Agathe Margheriti descend à ski, avec précaution, le sentier enneigé et pentu qui sépare sa maison de la route. Son sac à dos est chargé d’une précieuse cargaison : les œufs de ses 200 poules, qu’elle vend au porte-à-porte, une fois par semaine, aux habitant·es de la vallée de la Romanche. Chaque jour, elle descend la ponte du jour et la stocke dans des boîtes isothermes dans sa camionnette qui stationne en bord de route, au pied du chemin.

      Il y a six ans, cette jeune femme a fait un choix de vie radical. Avec son compagnon Aurélien Routens, un ancien snowboardeur professionnel, elle a acheté un hameau en ruine, le #Puy_Golèfre, dans le village de La Grave (Hautes-Alpes). « Pour 140 000 euros, c’est tout ce que nous avons trouvé à la portée de nos moyens. Il n’y a ni eau ni électricité, et il faut 20 minutes pour monter à pied depuis la route, mais regardez cette vue ! », montre Agathe, rayonnante.

      La petite maison de pierre retapée par le couple, orientée plein sud, chauffée au bois et dotée d’énergie solaire, offre un panorama époustouflant sur la face nord de la Meije, la plus impressionnante montagne des Alpes françaises, toute de glace et de roche, qui culmine à 3 983 mètres.

      Son sommet occupe une place à part dans l’histoire de l’alpinisme : il n’a été atteint qu’en 1877, un siècle après le mont Blanc. L’autre originalité du lieu, à laquelle Agathe et Aurélien tiennent tant, c’est que La Grave est le seul village d’Europe à être doté d’un téléphérique dont la gare d’arrivée, à 3 200 mètres d’altitude, débouche sur un domaine skiable sauvage. Ni piste damée ni canon à neige, mais des vallons de neige vierge aux pentes vertigineuses, paradis des snowboardeurs freeride qui font leurs traces dans la poudreuse.

      Ce paradis, Agathe et Aurélien veulent le préserver à tout prix. Avec une poignée d’amis du village, ils luttent depuis trois ans contre un projet qu’ils jugent aussi inutile qu’anachronique : la construction d’un troisième tronçon de téléphérique par son exploitant, le groupe #SATA, qui permettrait de monter jusqu’au #dôme_de_la_Lauze, à 3 559 mètres. Ce nouvel équipement, d’un coût de 14 millions d’euros (dont 4 millions d’argent public), permettrait de skier sur le #glacier de la #Girose, actuellement doté d’un #téléski vieillissant, dont l’accès est devenu problématique en raison du réchauffement climatique.

      Un téléphérique sur un glacier, alors que les Alpes se réchauffent deux fois plus vite que le reste de la planète et que les scientifiques alertent sur la disparition de la moitié des glaciers de montagne d’ici à 2100 ?

      Pour tenter d’empêcher la réalisation de ce projet fou, des habitant·es de la Grave, constitué·es dans le collectif #La_Grave_autrement, luttent sur deux fronts : judiciaire et médiatique. Deux recours ont été déposés devant le tribunal administratif pour contrer le projet de la SATA, un groupe qui exploite aussi les domaines skiables de l’Alpe d’Huez et des Deux-Alpes, emploie 800 personnes et réalise un chiffre d’affaires de 80 millions d’euros. Les jugements au fond n’interviendront pas avant le printemps 2024… Trop tard, peut-être, pour empêcher le démarrage des travaux.

      Alors, parallèlement, des militant·es se sont activé·es sur le terrain : en octobre, l’association #Mountain_Wilderness a déployé une banderole sur le glacier, puis #Les_Soulèvements_de_la_Terre ont symboliquement planté leurs tentes sur le rognon rocheux situé au milieu du glacier, sur lequel doit être édifié le pylône du téléphérique et où des botanistes ont découvert une plante rare et protégée, l’#androsace_du_Dauphiné.

      Enfin, en novembre, des habitant·es de La Grave, accompagné·es de la glaciologue Heidi Sevestre, ont symboliquement apporté un gros morceau de glace de la Girose à Paris, le jour de l’ouverture du One Planet-Polar Summit, et interpellé le gouvernement sur l’urgence de protéger les glaciers.

      Depuis, la neige est tombée en abondance sur la Meije et dans la vallée. À La Grave et dans le village voisin de Villar d’Arène, les opposant·es au projet prouvent, dans leur vie quotidienne, qu’une #alternative au tout-ski est possible et que la vallée peut se réinventer sans porter atteinte à ce milieu montagnard si menacé.

      Thierry Favre, porte-parole de La Grave autrement, vit dans une ancienne bergerie, au cœur du hameau des Hières, à 1 800 mètres d’altitude, qu’il a achetée il y a trente ans, après être tombé amoureux du site pour la qualité de sa neige et la verticalité de ses pentes. Après avoir travaillé dans l’industrie de la soierie à Lyon et à Florence, il a fondé ici sa propre entreprise de création d’étoffes, #Legend’Enhaut, qui fabrique des tissus haut de gamme pour des décorateurs. « Nous sommes bien situés, sur un grand axe de circulation entre Grenoble et Briançon. Nous avons l’immense chance de ne pas avoir vu notre cadre de vie massacré par les ensembles immobiliers qui défigurent les grandes stations de ski des Alpes. Mais il faut être vigilants. La Grave compte déjà 75 % de #résidences_secondaires. Et le projet de nouveau téléphérique s’accompagnera inévitablement de la construction d’une résidence de tourisme. Il y a urgence à proposer un autre modèle pour l’avenir. »

      À 60 ans, Thierry Favre s’applique à lui-même ce souci de sobriété dans son activité professionnelle. « Mon entreprise marchait bien mais j’ai volontairement mis le pied sur le frein. Je n’ai conservé que deux salariés et deux collaborateurs extérieurs, pour préserver ma qualité de vie et garder du temps pour militer. »

      À deux kilomètres de là, à la ferme de Molières, Céline Gaillard partage la même philosophie. Après avoir travaillé à l’office du tourisme de Serre-Chevalier et à celui de La Grave, cette mère de deux enfants s’est reconvertie dans l’élevage de chèvres. Elle et son mari Martin, moniteur de ski trois mois par an, exploitent un troupeau de 50 chèvres et fabriquent des fromages qu’ils vendent sur place. Pendant les six mois d’hiver, les bêtes vivent dans une vaste chèvrerie, où elles ont de l’espace pour bouger, et en été, elles paissent sur les alpages voisins. « Je ne veux pas en avoir plus de cinquante, par souci du bien-être animal. Nous pourrions produire plus de fromages, car la demande est forte. Mais le travail saisonnier de Martin nous apporte un complément de revenus qui nous suffit. »

      Avec les œufs de ses poules, Agathe fait le même constat : « Je pourrais en vendre dix fois plus. L’an dernier, nous avons planté de l’ail et des framboisiers : nous avons tout vendu très vite. Ce serait bien que d’autres éleveurs s’installent. Si nous avions une production locale plus fournie, nous pourrions ouvrir une épicerie coopérative au village. »

      Contrairement à Agathe qui milite dans le collectif La Grave autrement, Céline, la chevrière, ne s’oppose pas ouvertement au nouveau téléphérique. Mais elle n’est « pas d’accord pour se taire » : « Nous n’avons pas pu avoir un vrai débat sur le projet. Il faudrait un moratoire, le temps d’échanger avec la population. Je ne comprends pas cette volonté d’exploiter la montagne jusqu’à son dernier souffle. »

      Céline et Martin Gaillard ne sont pas seuls à pratiquer l’élevage autrement dans le village. Au hameau des #Cours, à #Villar_d’Arène, un autre jeune couple, originaire de l’ouest de la France, s’est installé en 2019. Sylvain et Julie Protière, parents d’un enfant de 4 ans, ont repris la ferme du Lautaret, dans laquelle ils élèvent 35 vaches d’Herens, une race alpine particulièrement adaptée à la rudesse du climat montagnard.

      Alors que la plupart des fermiers traditionnels de La Grave et de Villar d’Arène élèvent des génisses qu’ils revendent à l’âge de 3 ans et n’exploitent donc pas le lait, Sylvain et Julie traient leurs vaches et fabriquent le fromage à la ferme. Cela leur procure un meilleur revenu et leur permet de fournir en fromage les consommatrices et consommateurs locaux. « Nous vendons toute notre production aux restaurants, refuges et gîtes dans un rayon de 5 kilomètres, et nous n’en avons pas assez pour satisfaire la demande », témoigne Sylvain.

      À mesure que le combat des opposants et opposantes au nouveau téléphérique se médiatise et se radicalise, les tensions s’avivent au sein de la communauté villageoise. Les partisans du téléphérique accusent les opposants de vouloir la mort de l’économie de la vallée. Selon eux, sans le troisième tronçon, le téléphérique actuel n’est plus viable.

      Aucun·e des opposant·es que Mediapart a rencontré·es, pourtant, ne souhaite l’arrêt des remontées mécaniques. Benjamin Ribeyre, guide de haute montagne et cofondateur du collectif La Grave autrement, pense au contraire que l’actuel téléphérique pourrait servir de base à un développement touristique tourné vers la transition écologique. « L’actuelle plateforme d’arrivée, à 3 200 mètres, permet un accès facile au glacier de la Girose. C’est unique en France, bien mieux que la gare du Montenvers de Chamonix, d’où l’on ne voit de la mer de glace que des moraines grises. Ici, grâce au téléphérique, nous pourrions proposer des sorties d’éducation au climat, en particulier pour les enfants des écoles. Le réchauffement climatique bouleverse notre activité de guides de haute montagne. Nous devons d’urgence nous réinventer ! »

      Niels Martin, cofondateur de La Grave autrement, conteste, pour sa part, les calculs économiques des promoteurs du projet. Père de deux jeunes enfants, il partage sa vie entre La Grave et la Savoie, où il travaille dans une institution de la montagne. « Ce troisième tronçon n’est pas indispensable à la survie du téléphérique. Le fait que La Grave soit restée à l’écart des grands aménagements du plan neige des années 1970 doit devenir son principal attrait. » Au nom du collectif, Niels vient d’envoyer une lettre au préfet coordonnateur du massif des Alpes dans laquelle il propose que le village devienne en 2024 un site pilote des États généraux de la transition du tourisme en montagne, où se concoctent des solutions d’avenir pour faire face au réchauffement climatique dans les Alpes. Les Soulèvements de la Terre, eux, n’ont pas dit leur dernier mot. Dès la fonte des neiges, ils ont promis de remonter sur le glacier de la Girose.

      https://www.mediapart.fr/journal/ecologie/251223/ecologie-dans-un-village-des-hautes-alpes-le-telepherique-de-la-discorde

    • #Guillaume_Gontard : Glacier de la #Girose - La #Grave :

      J’ai interrogé le ministre @Ecologie_Gouv sur l’avenir du glacier de la #Girose dans les #Alpes.
      Ce lieu unique est menacé par un projet de prolongation d’un téléphérique permettant de skier sur un glacier dont les jours sont comptés.

      https://twitter.com/GuillaumGontard/status/1740306452957348349

  • Villard de Lans : Projet immobilier touristique/business Tony Parker/Mairie : la dévastation avance normalement
    https://ricochets.cc/Villard-de-Lans-Projet-immobilier-touristique-business-Tony-Parker-Mairie-

    Malgré un gros rassemblement de contestation, les élus de Villard de Lans ont voté pour la poursuite du gros projet immobilier. Voici le communiqué de l’association : CHEQUE EN BLANC Malgré une très forte mobilisation citoyenne, l’échange des parcelles des Adrets avec le parking P1 a été approuvé au conseil municipal de jeudi dernier. Le maire et une majorité des élus de Villard de Lans ont donc fait un beau chèque en blanc à la SEVLC et INM. Nous ne pouvons qu’être sidérés ! Sidérés par cette (...) #Les_Articles

    / Tourisme, sports & loisirs, #Catastrophes_climatiques_et_destructions_écologiques, #Vercors

    #Tourisme,sports&_loisirs
    https://vercorscitoyens.org

  • Affiches / journal mural contre les JO et le monde qui va avec !
    https://ricochets.cc/Affiches-journal-mural-contre-les-JO.html

    Un trio d’affiches contre les JO et le monde qui va avec. À diffuser et à coller à volonté ! Affiches / journal mural contre les JO ! Non aux Jeux Olympiques, ni ici ni ailleurs ! À Paris, en Seine-St-Denis, à Marseille, et partout ailleurs, on aimerait que les JO tournent à la cata pour ses organisateurs et pour l’état. Que cette grande fête des nationalismes et du business sportif ne se passe pas tranquilou ! Qu’on en finisse avec cette mise en scène glauque du dépassement de soi pour un État, pour une (...) #Les_Articles

    / Tourisme, sports & loisirs, #Le_monde_de_L'Economie

    #Tourisme,sports&_loisirs
    https://paris-luttes.info/affiches-journal-mural-contre-les-17521?lang=fr
    https://iaata.info/CARTE-DES-SACCAGES-DES-JOP-2024-6221.html
    https://www.lemonde.fr/sport/article/2023/11/07/jo-d-hiver-2030-la-france-candidate-a-l-organisation-des-jeux-olympiques-qu-

  • #Marseille contre #Airbnb

    Cela fait des années que la question du logement insalubre et de la #gentrification galopante hérisse Marseille, tant il devient difficile de s’y loger décemment. D’autant qu’un acteur en pleine expansion accélère la #dépossession_urbaine : Airbnb, plateforme vampire, plateforme à fuir.
    Ce vendredi soir de la mi-octobre, à quelques encablures du fort animé cours Julien, deux touristes anglophones galèrent à localiser leur Airbnb. Dans un décor où s’agitent fatigués et traînards, ils font clairement tache. Elle, robe orange de marque et chapeau mou hideux. Lui, pantalon blanc, mocassins et chemise saumon. Chacun traîne une valise à roulettes, suivie de son horripilant rllrrrllrl. De mon banc, je les observe s’agiter : lui gueule dans son téléphone à propos d’une histoire de boîte à clés introuvable ; elle fait nerveusement les cent pas, feignant de ne pas entendre une épithète fleurie que lui lance un groupe d’ados. Des extra-terrestres.

    Pour caricaturale qu’elle soit, tant les profils des adeptes du Airbnb sont divers, cette scène devenue banale en terre phocéenne comme dans d’autres villes d’Europe condense bien des aspects de l’explosif phénomène en cours. Soit : un déferlement de personnes étrangères à la ville et ses usages, profitant d’un système de location courte durée qui favorise l’artificialisation des rues, au détriment d’une population qui n’hésite plus à afficher son hostilité.

    Spéculer sur les ruines

    Cette invasion des profanateurs de quartiers s’inscrit dans un temps long. 5 novembre 2018 : deux immeubles s’effondrent rue d’Aubagne, en plein quartier de Noailles. 8 morts. Et le début d’une vaste opération d’expulsions, des milliers de personnes se voyant sommées de quitter leur « immeuble en péril », terminologie devenue ici aussi familière qu’un apéritif anisé. À ce champ de ruine frappant les plus pauvres se greffe vite une gentrification accélérée, encouragée par la fin de la répulsive ère Gaudin en juin 2020 et une certaine « hype » post-confinements accolée à la ville. Marseille n’étant plus associée uniquement à ses poubelles, ses kalash’ et ses magouilles, elle attirait de nouveau. C’est alors qu’Airbnb s’est imposée dans le game, plantant un nouveau clou dans le cercueil d’une ville de moins en moins populaire. Aujourd’hui, Marseille est la deuxième ville de l’Hexagone offrant le plus d’appartements en location sur Airbnb. Alors qu’on y a longtemps décompté quelques petits milliers d’annonces, à l’été 2023 la plateforme en dénombrait plus de 15 000. Peaufinant un ouvrage sur la gentrification à Marseille1, l’ami Victor Collet se déclare « époustouflé par la vitesse à laquelle ça se passe ». Il n’hésite pas à parler de « carnage », de « dérégulation totale », ou encore de « start-up nation à bloc ». Car l’irruption de la multinationale californienne a des effets concrets sur les résidents « normaux », ni riches ni touristes, qui se voient boutés hors de la ville. Victor estime aussi que « la ville passe en précarité résidentielle », de nombreux propriétaires basculant vers un « bail mobilité » – 9 mois de location hors plateforme et 3 mois estivaux consacrés à de lucratives locations courte durée. Dans un marché locatif bouché, beaucoup d’aspirants locataires n’ont d’autre choix que d’accepter. Quant à l’État macronien, il ne fait rien pour juguler le phénomène, ayant récemment sabordé à l’Assemblée une loi visant à limiter les avantages fiscaux dont bénéficient les nouveaux marchands de sommeil (jusqu’à 71 % d’abattement fiscal pour les locations meublées de tourisme2).

    Federico, l’un des créateurs de l’Observatoire de la gentrification, s’échine depuis 2021 à mettre en cartes ce désastreux raz-de-marée. Il a choisi comme objet d’études un rectangle de 800 mètres sur 600, autour de l’emblématique place Jean-Jaurès, dite la Plaine. Puis, en moine militant, il a patiemment emmagasiné les données. Sur cette zone, détaille-t-il, les locations Airbnb seraient passées de 140 à 370 de 2012 à 2023, avec un prix moyen de la nuitée à 124 euros. Ce qui, ramené au taux d’occupation, assurerait un revenu moyen de 2 530 euros mensuels par location. De quoi attirer les requins qui, pour certains, mettent la main sur des dizaines d’appartements reconvertis en locations de courte durée. « Les profils à la manœuvre sont divers, résume Frederico. On trouve aussi bien des fonds d’investissements américains qu’un bourgeois de Lyon ou un petit propriétaire marseillais. »

    Le pire : ses cartes montrent que les secteurs les plus impactés par les problématiques de l’habitat insalubre sont ceux où les prix à la location Airbnb sont les plus chers, tant la spéculation s’y déchaîne pour des appartements convertis en résidences de luxe. Une sorte de théorie du choc versant immobilier, les effondrements du 5 novembre 2018 ayant déchaîné les appétits du capitalisme sauvage. Victor résume : « Ils ont transformé la reconversion de l’insalubrité en opportunité touristique. »

    L’empire (immobilier) du côté obscur

    Rendre visite aux immeubles transformés en niches à touristes ne donne pas une vision précise des transformations. De l’extérieur, on ne voit presque rien. Parfois, on devine juste. En face des immeubles effondrés de la rue d’Aubagne, un bâtiment dont les sonnettes portent des drôles de noms : « Basquiat », « Van Gogh », « Rouge ». 30, rue Thiers, où 14 appartements seraient la propriété d’un chirurgien ne vivant pas à Marseille, une inscription en vitrine, « La Niche », couverte de quelques autocollants « Origine gentrificateur de merde garantie » ; 3, rue de la Rotonde, une sonnette « Conciergerie », indiquant qu’ici on fait l’intermédiaire entre touristes et proprios, notamment en fournissant les clés ; rue des Trois-Rois, où l’entreprise NocNoc propose d’onéreux appartements grand luxe, pas un indice visible de l’invasion. Cette invisibilisation du phénomène est battue en brèche par les boîtiers à code disséminés sur le mobilier urbain, du Panier à la Plaine en passant par Belsunce. Dans certaines rues, on en compte des dizaines. Le touriste ayant l’adresse et le code, il n’y a même plus besoin de l’accueillir. L’avantage, si l’on sature des valises à roulettes : on peut facilement les saboter. Colle, peinture, piratage, tout est bon. Le 14 octobre dernier, un collectif de « Marseillais du centre-ville » a ainsi revendiqué le kidnapping de quarante boîtes à clés et la mise hors service de 21 autres3. Autre moyen de lutte, plus cash, le saccage : en mars 2023, un appart en location Airbnb s’est vu mis à l’amende et recouvert de tags – « Appartement fantôme tue nos vies », « Spéculation immobilière = gens mis à la rue ». Une action fort opportune, au vu du résultat : « Ils ont gagné, je vais le retirer d’Airbnb et le remettre en location longue durée », a lâché le proprio4. Face au désastre, la mairie a longtemps fait le dos rond, évoquant les opportunités touristiques et le ruissellement de la moula. Elle a fini par admettre des abus et prendre quelques mesures, censées freiner la spéculation, sans pour autant se donner les moyens de les appliquer. De nombreux appartements mis en location sur Airbnb ne sont d’ailleurs pas enregistrés auprès de la mairie, ce qui explique que les chiffres de cette dernière soient minorés par rapport à ceux de la plateforme – en août 2022, elle annonçait 11 500 logements contre 16 000 pour Airbnb.

    Les JO 2024 pointant leur nez à l’horizon, avec à la clé une explosion du tourisme zombie, les décideurs restent bien frileux. Patrice D’Amico, le Monsieur Com’ du maire de Marseille Benoît Payan, a certes récemment annoncé sur BFM la mise en place d’une « brigade d’agents assermentés5 », mais les actions concrètes se font attendre. Et puisqu’il y a urgence et que cette lutte semble gagnable, ils sont nombreux parmi les contempteurs de la plateforme à vouloir profiter des commémorations du 5 novembre pour mettre la pression sur une mairie jusqu’ici démissionnaire. Puisque New York a drastiquement réglementé Airbnb en septembre dernier, pourquoi Marseille ne ferait pas de même ? C’est tout le propos de l’appel à se mobiliser le dimanche 5 novembre pour une « marche de toutes les galères et de toutes les colères du mal-logement », qui se finit sur cet avertissement : « Acculé·e·s ? Certainement. Impuissant·e·s ? Wallou ! »

    https://cqfd-journal.org/Marseille-contre-Airbnb
    #résistance #tourisme #spéculation

  • Golfs : les arroseurs arrosés ! - Lutte pour l’eau comme bien commun
    https://ricochets.cc/Golfs-les-arroseurs-arroses-Lutte-pour-l-eau-comme-bien-commun.html

    Parfois, des actions visent directement des activités nuisibles : Golfs : les arroseurs arrosés ! RageH2O Dans le contexte de sécheresse qui sévit cet automne dans le Rhone et ailleurs, nous, le collectif RageH2O, avons mis à l’arret le dispositif d’arrosage du golf de la Tour-de-Salvagny, dans la nuit du 25 au 26 octobre 2023. Cette action a permis de stopper le gaspillage et la contamination de l’eau pour le loisir des plus riches. Répondant à l’appel du Peuple de l’eau, nous avons désarmé ce 26 (...) #Les_Articles

    / #Ecologie, Tourisme, sports & loisirs

    #Tourisme,sports&_loisirs
    https://rebellyon.info/Golfs-les-arroseurs-arroses-RageH2O-25312

  • En Andalousie, le joyau naturel de Doñana menacé par la sécheresse et la culture intensive de la fraise

    REPORTAGE Zone naturelle classée, le parc national de Doñana voit disparaître ses lagunes et ses marais. Les centaines de milliers d’oiseaux migrateurs qui ont l’habitude d’y faire halte entre l’Europe du Nord et l’Afrique sont contraints de l’abandonner. En cause, la culture intensive de fruits rouges, gourmande en irrigation, sur fond de changement climatique.

    Juan Pedro Castellano avance à vive allure sur une immense plage vierge, où courent quelques bécasseaux. A bord de son véhicule tout-terrain, le directeur du parc national de Doñana, zone humide exceptionnelle à la pointe sud de l’Espagne, inscrite au Patrimoine mondiale de l’Unesco, sillonne des dunes mobiles et des pinèdes et longe les vastes marais argileux qui forment les 60 000 hectares protégés du parc. Il croise des vaches mostrenca aux longues cornes, des daims et des chevaux sauvages, avant de s’arrêter devant la lagune de Santa Olalla. Ou plutôt ce qu’il en reste. Jaillissant de l’aquifère, elle s’est complètement asséchée cet été. Et une terre grise, craquelée, a remplacé cet écrin de biodiversité d’une valeur incalculable. Cette lagune censée être « permanente » – la plus grande du parc – abrite d’ordinaire des milliers d’oiseaux migrateurs, dont l’arrivée devrait déjà avoir commencé. En cette mi-octobre, sous un soleil éclatant et une température inhabituelle de 33 °C, elle n’est fréquentée que par les cerfs.

    ... « C’est bien simple : ici, à Lucena del Puerto, presque toutes les exploitations situées au milieu des pins devraient être démantelées… »

    Depuis que la Cour de justice de l’Union européenne a condamné l’Espagne, en juin 2021, pour ne pas avoir protégé suffisamment #Doñana, les inspecteurs de la Confédération hydrographique du Guadalquivir, rattachée au ministère de la transition écologique, ont multiplié les contrôles et scellé près d’un millier de #puits_illégaux autour de l’espace naturel protégé. La justice aussi semble prendre le #vol_d’eau plus au sérieux. En septembre, cinq frères ont été condamnés à trois ans et demi de prison et 1,9 million d’euros de remboursement pour avoir puisé illégalement 19 millions de mètres cubes d’eau dans l’aquifère de Doñana entre 2008 et 2013. Et fin octobre, un tribunal de Séville a cité à comparaître la Maison d’Albe, riche famille de la noblesse espagnole, après une plainte du parquet environnemental pour un vol d’eau au travers de huit puits illégaux destinés à la culture d’orangers.

    A rebours de cette prise de conscience, le Parti populaire (PP ; droite), au pouvoir dans la communauté autonome d’Andalousie depuis 2019, a présenté au printemps un projet de loi régional pour régulariser plus de 700 hectares de terrains irrigués illégalement dans la « couronne nord » de Doñana. « Une amnistie pour les fraudeurs », ont critiqué les écologistes.

    ... L’association d’agriculteurs Puerto de Doñana, qui regroupe de nombreuses exploitations écologiques, s’y oppose, en rappelant que cet été, beaucoup de petits producteurs n’ont déjà pas pu arroser leurs plantations, car leurs puits étaient à sec. « Nous avons renoncé à plus de 70 % de nos exploitations irriguées ces trente dernières années afin de conserver Doñana, misé sur la production bio et donné des garanties à nos acheteurs. Nous ne voulons pas que les efforts de tant d’années tombent à l’eau à cause de l’obsession de croître de quelques-uns », explique son porte-parole, Manuel Delgado.


    Les installations et serres de culture de fruits rouges, aux alentours du parc national de Donaña (Espagne), le 10 octobre 2023. CESAR DEZFULI POUR « LE MONDE »

    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/30/en-andalousie-le-joyau-naturel-de-donana-menace-par-la-secheresse-et-par-la-
    https://archive.ph/1oTdH

    #eau #sécheresse #biodiversité #lagunes #marais #zones_humides #agriculture #tourisme #agriculture_écologique #modèle_agricole #irrigation #écologie

  • L’#agriculture n’est pas une carte postale

    Dans les #Alpes_Maritimes, pour nos élus, l’agriculture n’a pour seule fonction que de servir de carte postale pour le #tourisme. Je suis devenu agriculteur à 25 ans. Et depuis, à part des bâtons dans les roues, je/nous n’avons jamais reçu aucune aide. Donc ce que je propose, c’est qu’on devienne tous intermittents du spectacle. Par #Cédric_Herrou.

    La question de l’agriculture dans la vallée de la Roya, et plus largement dans les Alpes-Maritimes, c’est une question qui comporte quelque chose de très surprenant : nous avons des politiques qui nous parlent de « #culture_identitaire ». Il s’agit du seul département, à ma connaissance, où l’on parle de « culture identitaire » à propos des #olives. Alors même que c’est un arbre du bassin méditerranéen, cultivé par des Marseillais, des Niçois, des Italiens, des Égyptiens… C’est une « #identité » de la Méditerranée dans son ensemble.

    C’est un détail, mais il est porteur de quelque chose : les Alpes-Maritimes, pour nos élus, l’agriculture n’a pour seule fonction que de servir de #carte_postale pour le tourisme.

    Nous l’avons vu lors de la #tempête_Alex, en octobre 2020 (1). J’étais alors agriculteur depuis 2006, donc depuis une quinzaine d’années. J’ai depuis cédé mon exploitation agricole à #Emmaüs-Roya, première #communauté_Emmaüs entièrement agricole. Cette exploitation faisait, auparavant, moyennement vivre une seule personne (moi) ; il nous a fallu à partir de là faire vivre quinze personnes, et dans des conditions matérielles beaucoup plus confortables que quand je vivais seul. Nous avons donc dû transformer ces 5 hectares en quelque chose de plus gros, de plus productif, -de plus professionnalisé.

    Nous voulions donc nous agrandir, et faire du #maraîchage sur des terrains où il était plus facile de le faire -donc, sur un terrain plat, ce qui est très rare ici.

    Ainsi, suite à la tempête, dans un contexte où ils voulaient relancer l’agriculture dans la vallée de la Roya -patin-couffin et blablabla-, il y a eu une réunion avec les associations, et nous avons eu rendez-vous avec Sébastien Olharan, maire de Breil-sur-Roya, avec la CARF (communauté d’agglomération de la Riviera française), et aussi, très important, avec la #SAFER (Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural, supposément voué au soutien tout projet viable d’installation en milieu rural).

    Ils nous ont tous dit qu’ils adoraient ce que ce nous faisions. Que c’était super, que c’était génial. « Bien évidemment, nous préférons vous voir planter des tomates qu’héberger des noirs, mais en tous les cas, la partie agriculture, c’est très bien ! » Par contre, ils n’avaient pas de terrain à nous proposer. Rien. Car les terrains plats étaient déjà « réservés », qui pour un terrain de basket, qui pour un parking…

    J’étais donc bien saoulé. Et j’ai décidé de faire moi-même mes recherches, sur Le Bon Coin. Et je peux donc le dire : le Bon Coin est beaucoup plus efficace que la mairie de Breil, la CARF et la SAFER - dont c’est pourtant la fonction. Car sur ce site, je trouve un terrain qui est à vendre depuis des mois sur la commune de Saorge, non loin. Nous l’avons acheté, et nous y développons donc aujourd’hui une partie de nos activités.

    En temps normal, la SAFER surveille les ventes. Elle est supposée être LA référence pour savoir où des terrains potentiellement exploitables sont à acheter. Et là, nous avions un terrain en bord de route, avec de l’eau car à côté de la Roya, de l’eau potable également, l’accès à l’électricité, et un hectare de terrain plat. Ce qui, dans notre vallée, n’est vraiment pas rien. D’autant plus qu’une maison présente sur ce lieu a été rasée car trop proche de l’eau, ce qui en a fait du même coup des terres agricoles.

    La mairie, la #CARF et la SAFER étaient donc forcément au courant.

    La même chose s’est produite, 10 ans auparavant, avec un terrain situé à 100 mètres d’une zone que nous exploitons déjà, à Veil, chez mes parents. Il s’est vendu 2 fois plus cher que ce qu’avaient vu des amis à moi venu y jeter un œil : dans mes souvenirs, quelque chose comme 80 000 euros, au lieu des 40 000 annoncés. C’est la CARF qui l’avait acheté, et revendu à la mairie de Breil-sur-Roya, avec la promesse d’un projet agricole - qui n’a jamais eu lieu. Quand nous avons questionné la mairie sur ce point, car nous voulions récupérer ces terres, ils nous ont dit non, et prétexté vouloir y développer des activités... touristiques - dans un lieu sans eau potable, sans évacuation des eaux usées, et surtout qui est une zone agricole, donc non destinée à quoi que ce soit lié au tourisme. Et on en revient à ce que je disais au début. Ce même maire avait par ailleurs soutenu le voisin qui avait voulu (indûment, et la justice lui a donné tort) bloquer l’accès à mon terrain, rendant très complexe voire impossible nos activités agricoles.

    On pourrait penser que c’est le « militant » en faveur des droits des personnes en situation d’exil qui est attaqué, et pas le paysan. Mais j’ai commencé à être médiatisé sur ces sujets en 2016. Et je suis arrivé dans la vallée de la Roya en 2002. J’avais 23 ans.

    Je suis devenu agriculteur à 25 ans, et c’est rare de le devenir aussi jeune. Et à part des bâtons dans les roues (sans jeu de mot, NDLR), je, nous n’avons jamais reçu aucune aide.

    Au-delà des grands mots, agriculture, ici, cela semble donc faire chier tout le monde. Cela bloque 5 hectares, des terres qui, l’État le sait, ne deviendront jamais constructible. Sur les terrains limitrophes à l’exploitation, l’agriculteur sera prioritaire sur l’achat. Cela bloque le foncier, qui est la seule chose qui leur importe.

    On veut de l’agriculture, mais que comme carte postale.

    Donc ce que je propose, c’est qu’on sorte de la #mutuelle_sociale_agricole (#MSA), et qu’on devienne tous intermittents du spectacle.

    Un article paru dans le Mouais n°42 (octobre 2023), consacré à l’alimentation, nous le mettons en accès libre mais soutenez-nous, abonnez-vous ! https://www.helloasso.com/associations/association-pour-la-reconnaissance-des-medias-alternatifs-arma/boutiques/abonnement-a-mouais

    (1) Épisode méditerranéen extrêmement violent ayant ravagé en une nuit les vallées de la Tinée, de la Vésubie et de la Roya, occasionnant des morts et de nombreux dégâts matériels, NDLR.

    https://blogs.mediapart.fr/mouais-le-journal-dubitatif/blog/291023/l-agriculture-n-est-pas-une-carte-postale
    #Vallée_de_la_Roya #montagne #agriculture_de_montagne #paysannerie

    ping @isskein

  • I confini non sono il luogo in cui accadono le violenze, sono il motivo per cui accadono le violenze
    https://www.meltingpot.org/2023/10/i-confini-non-sono-il-luogo-in-cui-accadono-le-violenze-sono-il-motivo-p

    Stazione di Sospel, Francia, ore 7.40. Nel paese della Val Roya passa il treno che collega Breil sur Roya a Nizza, all’interno poca gente. Appena il treno giunge alla stazione spuntano sette soldati e una dozzina di gendarmes. I militari circondano il treno, mitragliatrici in mano, mentre i poliziotti, a due a due, entrano nel treno, scrutano i passeggeri per rilevare soggettività razzializzate. Si fermano quando vedono due ragazzini, gli chiedono i documenti. I ragazzi glieli mostrano, vanno bene, i poliziotti scendono e il treno riparte. Stazione di Menton Garavan, Francia, ore 15.00. La situazione è identica, il treno (...)

  • Via Transilvanica, il cammino di Santiago romeno
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Romania/Via-Transilvanica-il-cammino-di-Santiago-romeno-227602

    Un nuovo itinerario ha messo la Romania sulla mappa dell’ecoturismo: la Via Transilvanica, progetto avviato nel 2018 da una ong locale, è la risposta romena al Cammino di Santiago e ad altri tragitti noti al mondo. Un percorso di 1420 km che unisce e attraversa dieci contee

  • Centre-ville : un collectif marseillais revendique le rapt de 40 boîtes à clefs Airbnb - Marsactu
    https://marsactu.fr/bref/centre-ville-un-collectif-marseillais-revendique-le-rapt-de-40-boites-a-cle

    Dans un communiqué anonyme, un collectif de Marseillais et Marseillaises du centre-ville revendique “le kidnapping de 40 boîtes à clefs sécurisées et la dégradation de 21 d’entre elles“. Pour ces derniers, ces installations permettant aux propriétaires de biens immobiliers de les louer, à la chaîne pour de courte durée, et sans se déplacer sont, “le symbole de [leur] colère”. “Ainsi les touristes peuvent choisir la vue mer ou sur la Bonne mère pour passer quelques jours à Marseille et nous nous n’avons plus (vue sur) rien, écrivent-ils. Rareté des logements, augmentation des loyers, accès de ceux qui restent aux plus fortunés, évacuation forcée parfois, peur de perdre son logement sinon. […] Combien de gens à la rue pour combien de meublés touristiques sans âme ?”

    Le collectif, qui dit ne plus rien attendre de la mairie, demande “le retour à la location de tous [les] logements, des conditions d’accès à ceux-ci adéquates avec les revenus et les profils des Marseillais et Marseillaises.” Sinon, ajoutent les protestataires, il faudra s’attendre à d’autres kidnappings de boîtes à clefs, mais aussi des “attaques de petits trains” ou encore des “touristes jetés dans le Vieux-Port”.

    #Marseille #tourisme #Airbnb #meublés_touristiques #logement #rente_foncière #propriété #luttes

  • Leur objectif atteint, les zadistes des Alpes lèvent le camp
    https://reporterre.net/Leur-objectif-atteint-les-zadistes-des-Alpes-levent-le-camp

    Les zadistes quittent le glacier de la Girose, avec le sentiment du devoir accompli. Vendredi 13 octobre, les Soulèvements de la terre ont annoncé dans un communiqué le départ des activistes qui avaient dressé un camp à 3 400 m d’altitude, pour occuper et bloquer un chantier de construction de téléphérique sur le glacier de la Girose, dans les Hautes-Alpes.

    « La neige arrive demain pour prendre le relai et bloquer après nous les travaux jusqu’au printemps », écrit le mouvement. L’interruption des travaux d’automne était, de fait, prévue le 14 octobre pour la pause hivernale. Depuis le 7 octobre, les militants occupaient le rognon rocheux où doit être érigé le pylône du projet controversé de troisième tronçon du téléphérique de La Grave-La Meije, empêchant le retour sur le site des ouvriers pendant toute la semaine.

  • #FairBnB

    We’re on a mission to redefine tourism. We believe in the power of travel to connect people, cultures, and economies. But we also understand the need for a new kind of tourism – one that values community, sustainability, and fair economic growth.

    That’s why we’re changing tourism one booking at a time.

    Our platforms are designed to connect conscious, mindful travellers with fair hosts, fostering stronger, more sustainable, and equitable communities all around the world. With us, every journey contributes to the prosperity of the places we all love to visit.

    https://fairbnb.coop

    #AirBnB #alternative #tourisme #hébergement #BnB #tourisme #plateforme #réservation

    déjà signalé en 2018 par @klaus... je ne sais pas si il y a des personnes qui l’ont utilisé parmi les seenthisien·nes...
    https://seenthis.net/messages/681900

  • Sous les glaciers qui fondent, de nouveaux écosystèmes à défendre
    https://reporterre.net/Sous-les-glaciers-qui-fondent-de-nouveaux-ecosystemes-a-defendre

    Troisièmement, ces écosystèmes sont évidemment d’une grande valeur intrinsèque. La biodiversité qu’ils abritent est d’autant plus précieuse que celle-ci s’effondre un peu partout dans le monde. « Ces nouveaux #écosystèmes ont le privilège d’être intacts, n’ont encore jamais été modifiés par l’Homme, ce qui n’est quasiment plus le cas nulle part. Une forêt d’épicéas qui remplace un glacier alpin est au sens propre une forêt primaire. Les #retraits_glaciaires nous offrent en quelques sortes les derniers joyaux de la couronne. Il y a un intérêt écologique et une responsabilité éthique à préserver ces zones », plaide Jean-Baptiste Bosson.

    L’urgence de les protéger des convoitises

    Si les chercheurs insistent tant sur l’importance de les préserver, c’est que ces écosystèmes, à peine éclos, sont déjà menacés. « Il y a plein de tentations avec cette nouvelle ressource en eau : pour faire de la neige artificielle, la turbiner pour l’hydroélectricité, la récupérer pour l’agriculture… C’est d’autant plus dangereux qu’il y a un effet d’aubaine, explique Jean-Christophe Poupet, responsable du programme Alpes au WWF France. La fonte des #glaciers va augmenter temporairement le débit des cours d’eau, donnant l’illusion d’une abondance, mais qui n’est que temporaire. Cette #eau est un héritage, il ne faut pas la dilapider. »

    D’autant que si ces convoitises font craindre pour les futures ressources, les dégâts sont déjà perceptibles un peu partout dans le monde. « En Asie centrale, on exploite des mines en explosant des glaciers à la pelleteuse. Certains lacs au Pérou qui viennent de se former par le retrait des glaciers sont déjà contaminés par le cyanure et le mercure de mines illégales. Et les stations de ski françaises arasent les montagnes l’été pour optimiser les pistes, ce qui empêche la formation d’écosystème lorsque les glaciers disparaissent », illustre Jean-Baptiste Bosson.

    En conséquence, les acteurs du projet Ice & Life militent pour une meilleure protection juridique de ces glaciers et des écosystèmes qui leur succèdent. Dans le monde, moins de 50 % des surfaces glaciaires sont situées dans des aires protégées, s’inquiètent-ils. Si 96 % des glaciers de Nouvelle-Zélande sont dans des zones protégées, c’est le cas d’à peine 30 % des glaciers d’Europe centrale (notamment alpins) et de 12 % des glaciers d’Asie centrale (notamment himalayens), selon le recensement de l’étude.

    Créer des zones protégées sur les glaciers n’évitera pas leur fonte, reconnaissent les auteurs, mais limiterait au moins les dégâts liés au #tourisme ou aux activités minières. Stratégiquement, il est en l’espèce important d’agir au plus vite. « Une fois que les lacs et forêts se sont développés et font l’objet de convoitises, il est beaucoup plus compliqué de s’opposer aux intérêts économiques que si l’on protège le glacier aujourd’hui et sanctuarise ainsi le futur écosystème », estime Jean-Baptiste Bosso

    #extractivisme #écologie